Turnover o bluff?
Ricordo la Lazio di Cragnotti che nel 2000 vinse lo scudetto. Una rosa pletorica, con 26 calciatori di primo livello ed Eriksson allenatore. Mihajlovic, uno dei più forti, specialista sulle palle inattive, non lo accettava e, se rimaneva fuori, contestava. Se penso ad Alfredo Di Stefano ieri e a Cristiano Ronaldo e Messi in tempi recenti, non trovo un tecnico che li abbia lasciati fuori. Avrebbe rischiato l'esonero.
La premessa per dire che esistono gli intoccabili e guai parlar loro di turnover. Da noi, invece, si stravolgono le squadre anche dopo tre o quattro partite di campionato, quando alla fine, statisticamente, si gioca in 19 o 20. Inzaghi va a Monza e cambia fin dall'inizio, con De Vrij, Carlos Augusto, Frattesi e Asllani. Dicono valgano i titolari, ma, anche fosse, dà un segnale sbagliato alla squadra, come se si vincesse con l'Inter B. Normale pagare. "Per vincere - diceva un vecchio saggio - bisogna aver paura di perdere". Se vado a vedere i cambi, trovo Dumfries, Taremi e Zielinski al 56', Arnautovic e addirittura Correa al 74'. Nel tentativo di raddrizzare la barca, quanto mai difficile a partita in corso. Strano non abbia pensato a far alzare dalla panchina Acerbi, Calhanoglu e Barella. Non c'era bisogno. Vince l'allenatore. Lo credono in molti. Soprattutto gli interessati.
Parlare dalla poltrona è facile, ancor più a posteriori, ma, se si va a vedere il passato, non è impossibile trovare risposte. Come schierava la Lazio nelle trasferte di coppa? Ho ancora in mente formazioni partorite dalla fantasia. E il derby col Milan? Non costò lo scudetto, quando uscirono i migliori, Perisic, Martinez e Calhanoglu e dall'1-0 passò all'1-2? Ma l'anno scorso, quando doveva vincere per affrontare la seconda degli altri gironi, non presentò col Benfica, a Lisbona, otto nuovi? E con la Real Sociedad non entrarono Barella e Lautaro al 65' e Bastoni al 77'? Eppure era obbligatorio vincere. E Correa? D'accordo, c'era il Manchester City alle porte, ma a Monza doveva presentare la formazione migliore, pronto a cambiare se, in corso d'opera, il risultato fosse stato favorevole. Ecco perché non si possono guadagnare sei milioni netti più bonus. Infine, particolare non trascurabile, dall'altra parte c'era Adriano Galliani, il dirigente numero uno, e l'Inter, con Pairetto, non avrebbe avuto vantaggi.
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