I miei undici affari

04.04.2025 10:26 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Giacomo Morini
I miei undici affari

Ho un grande difetto, fra i tanti: quando si tratta di calcio, non riesco a pensare se non ai massimi livelli. Già da quando giocavo, l'amico Vemati, insieme a L'Aquila, si meravigliava perché parlavo sempre dei migliori avversari. Non per nulla, quando presentai il primo articolo ad Aldo Bardelli, vicedirettore di Stadio, aveva un titolo che fu lasciato tale e quale: "Così si gioca in undici", nella rubrica del giovedì di Parisini. Dicevo che si era voluto costruire un difensore, lo stopper, in grado di marcare il centravanti, forte fisicamente, ottimo di testa, ma con i piedi di ferro. Era una critica al sistema. Doveva accorgersene. Non l'aveva fatto.

Sono andato sempre avanti, per cercare di fare meglio ogni cosa, senza dimenticare di guardare indietro per imparare dagli errori. Il calcio è entrato nella vita da mio padre, calciatore più bravo, poi allenatore e dirigente. Non voleva giocassi. Cominciai a diciassette anni. Dopo tanta Serie C, nel '68 entrai a Tuttosport. Nel '71 il Dott. Galeota mi chiamò a Pescara per fare il D.S.. La retrocessione e la contestazione rimandarono l'ingresso in società. Avvenne nel '74 alla Lucchese, chiamato da Paolo Galli. Non capii quale era il mio compito. Me ne accorsi dopo. Dovevo ripianare il passivo di 430 milioni. Nel '76, alla Pistoiese, si partì per vincere la C, come avvenne.

Cominciò anche la carriera di talent scout. A Frosinone, nel "Torneo Miceli" contro il Como, la Pistoiese fece 1-1 e vidi un difensore, Vierchowod, che destò grande impressione. Non so per quanto tempo l'ho sognato. Nel '77 acquistai Dossena, dal Torino, in comproprietà. Poi presi Salsano, a 13 anni e 8 mesi, a costo zero, scartato dal Milan. Dal '79 cominciai alla Sampdoria la battaglia con le grandi del calcio. Guardavo in C e in B: Luca Pellegrini e Renica, dal Varese e dal Vicenza, con l'unica eccezione del 19enne Mancini, 17 partite e 9 gol nel retrocesso Bologna, e Vierchowod dal Como. Salsano l'avevo portato dalla Pistoiese. Nasceva una squadra che aveva gioventù, velocità, talento e quasi tutti col gol nei piedi.

Pur avendo lasciato Mantovani il 30 giugno '82, continuarono i rapporti, se possibile ancor più stretti. Arrivò Galia, nonostante le dieci relazioni negative su undici. Poi l'operazione più bella: Mannini scambiato alla pari con Guerrini. Con Pari e Vialli si chiuse il cerchio. Nell''85, alla Fiorentina, presi Berti dal Parma, retrocesso in C, e Baggio in C dal Vicenza. Avevo acquistato anche Van Basten. Conservo il contratto nello studio. Alla fine dell'excursus sono d'accordo con Alex Ferguson quando dice: "Deve essere fantastico scoprire qualcuno e sapere che prenderlo sarà un affare". A me è successo e sono ancora grato a chi l'ha permesso.  

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