Il Barone de Coubertin

25.02.2013 16:55 di  Claudio Nassi   vedi letture
Il Barone de Coubertin

Il fondatore dei moderni giochi olimpici è Pierre de Frédy, Barone de Coubertin. Il primo gennaio scorso ricorreva il 150° anniversario della nascita. Viene al mondo a Parigi nel 1863 e ci lascia a Ginevra nel 1937. Nel 1894 fonda il Comitato Internazionale Olimpico, con lo scopo di far rinascere i giochi dell'antica Grecia attraverso un evento sportivo quadriennale in cui gli atleti di tutti i Paesi potessero competere tra loro. Un suo motto era "Guarda lontano, parla chiaro, agisci deciso", ma nemmeno lui poteva prevedere che la sua idea sarebbe diventata uno dei più importanti eventi culturali della storia, tale da raggiungere, praticamente, ogni casa del pianeta.

Tuttavia, la frase che lo fa ricordare spesso è un'altra: "L'importante non è vincere, ma partecipare", anche se il primo a pronunciarla fu il vescovo anglicano della diocesi della Pennsylvania Ethelbert Talbot. Detto tutto il bene possibile di chi riteneva che lo sport organizzato fortificasse non solo il corpo ma anche la volontà e la mente, ricordo che per mettere in atto le sue idee spese tempo, lavoro e ricchezze, convinto di privilegiare valori quali l'eccellenza, l'amicizia e il rispetto. Per ventinove anni fu Presidente del CIO, dal 1896 al 1925, poi continuò a seguire la sua creatura, ricercando sempre la correttezza delle competizioni.

Ritengo interessante notare come, a distanza di anni, si sia trasformato il suo credo l'importante non è vincere, ma partecipare. Vado Oltreoceano e comincio dal coach dei Green Bay Packers, Vince Lombardi: "Vincere non è tutto, è l'unica cosa". Proseguo con Jim Mora, coach degli Indianapolis Colts: "La cosa più bella del vincere è non aver perso". Larry Bird, il più forte giocatore bianco di basket di sempre, ex Boston Celtics: "Le statistiche sono la consolazione per i perdenti, quello che conta è vincere". Tyrone Willingham, coach di Notre Dame, football NCAA: "Quando alleno il mio unico obiettivo è vincere. E non mi importa se lo farò di 10 punti, di un punto o soltanto di mezzo". Torno nella Vecchia Europa e trovo Bill Shankly, allenatore scozzese: "Dicono che il calcio sia una questione di vita o di morte. Non è vero, è una cosa molto più seria". Continuo con l'ex allenatore della Francia, Michel Hidalgo: "Essenziale non è vincere, è voler vincere". Chiudo con l'ex presidente del CONI, Gianni Petrucci: "Una cosa deve essere chiara: alle competizioni internazionali si va per salire sul podio, non per partecipare o per sentirsi appagati per un posticino in finale".

Pongo un quesito: il progresso e il business ci hanno portato a migliorare o a peggiorare?     

 

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