Guardiola k.o.

30.12.2024 09:00 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Federico Titone/BernabeuDigital.com
Guardiola k.o.

Non ricordo crisi simile. Come può una squadra che nel decennio conquista 6 Premier nelle ultime 7 stagioni, 4 consecutivamente, vincere, nel 2024/'25, solo 1 degli ultimi 13 incontri e cadere così in fretta da non parlare più di corsa al quinto titolo? Alcuni sono convinti di crisi di fine ciclo, senza considerare che nelle prime 14 partite Guardiola non aveva perso. Nessuno riesce a trovare come uscirne. Mai il mister chiedeva rinforzi. Si cerca la causa negli infortuni. Riguardano un terzo della rosa. Altri puntano il dito sui trentaquattro anni di De Bruyne, Gundogan e Walker. Infine Haaland. Oltre a sbagliare un rigore contro l'Everton, quando ne aveva segnati 15 su 16, la mette dentro solo una volta in 7 partite.

Insomma, si dovrebbe parlare di disastro se la classifica dice settimo posto, dietro non solo a Liverpool, Arsenal e Chelsea, ma anche a Nottingham, Newcastle e Bournemouth. Sognare una rifondazione attorno al tecnico la speranza di molti, in attesa del verdetto del processo del secolo per le 115 accuse rivolte al club. Dal primo novembre solo il Southampton, fanalino di coda, ha raccolto meno dei 5 punti del City. Guardiola invita a reagire a livello mentale e difende i calciatori. "La vita non è facile - dice -. Quando capita qualcosa di negativo bisogna reagire. Con l'Everton abbiamo giocato bene, ma conta vincere e non ci riusciamo". I numeri sono impietosi: 9 sconfitte in 13 gare, la difesa subisce 2,15 gol ogni 90', dopo lo 0,79 nelle prime 14. L'attacco da 2,29 reti ad uscita passa a 1,15. Non ho mai visto Guardiola replicare ai tifosi che irridevano, ricordando le 6 Premier vinte.

Dal momento che non si può cambiare la squadra, va cambiato il manico. Ha finito il vocabolario. Non ha più presa. I calciatori sanno prima che cosa dirà. Ha perso forza. Non riesce a motivare e plagiare la truppa. Anche se è il capitano dei mercenari più pagato, dopo Simeone, dimostra che non è l'allenatore a vincere. In campo vanno i calciatori. D'accordo, ha fatto bene col Barcellona, il Bayern Monaco e il City, ma il tempo passa anche per lui. I successi, i premi e i complimenti lasciano il segno. Siamo uomini, con tutte le debolezze. Sembrerà di fare le stesse cose e non si accorgerà che non è vero. Successe a Boniperti alla Juventus e a Galliani al Milan, solo per rimanere nel Belpaese. Tutti si illuminano d'immenso. Ecco perché non è positivo rimanere troppi anni in un club. Quando hai conquistato stampa e tifosi, perdi motivazioni e non dai quanto in passato. Ci sono eccezioni, ma confermano la regola.

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